Ce l’ho….cioè me la prendo. Ce l’ho….cioè a fatica, con le unghie e con i denti,ne ho “arraffato” un pò. Mmmm….. Non ce niente da fare, unn ce l’ho! Creato il 01.11.11 @ 17:55:58 da julyData di uscita: 01.11.11 @ 17:23:17
Lo sapete no? Liberté, Égalité,Fraternité è il motto della Republica Francese La libertà consiste nel potere di fare ciò che non nuoce ai diritti altrui.«Vivere liberi o morire» fu un grande motto repubblicano La parola Égalité significa che la legge è uguale per tutti e le differenze per nascita o condizione sociale vengono abolite; la Fraternité, terzo elemento del motto repubblicano, è definita così: «Non fate agli altri ciò che non vorreste fosse fatto a voi; fate costantemente agli altri il bene che vorreste ricevere». Come dicevo poc’anzi, a furia di battere la testa contro muri di ogni genere, sono riuscita ad accaparrarmi un pò di libertà ed uguaglianza. Sulla fraternità invece, ci sto lavorando da parecchio, ed ormai sorge forte il dubbio che probabilmente mi toccherà gettare la spugna. Chi assiduamente, o anche saltuariamente, mi legge, sa che ho grosse difficoltà con il terzo punto del motto. Non perchè da parte mia nn ci sia la volontà o il desiderio che le cose vadano come dovrebbero, ma qnd di fronte ti trovi un mulo (nn è un muro cinese, no no, mi riferisco propiro all’animale testardo) per cui le cose devono necessariamente andare come lui/lei le vede…bhè Si può pure tentare, una due tre anche quattro volte di far capire che NON PARLO PER IL MIO RENDICONTO MA PER IL BENE COMUNE però alla fine ti sfiacchi e principalmente ti cadono le braccia. Specialmente perchè ci si riempi la bocca e l’orgoglio: ” Ah no, io le cose le dico in faccia, nn le mando mica a dire” e dopo 1/2h invece che affrontare il probl faccia a faccia, si spiattella tutto nel web. (blog, chat, fb ecc) Qst cosa fa paura, non perchè si rende pubblico qlc di privato, ma principalmente perchè si evince che dall’altra parte non c’è proprio nè l’interesse, nè il desiderio di fare un piccolo sforzo per far almeno sfiorare due mondi che si dicono diversi, ma chissà forse sono fin troppo simili. E allora sorge il dubbio: Anche se non lo dici, sono un peso, meglio sarebbe sparire( Spiacente, purtroppo per ora ancora nn nè ho alcuna intenzione, quindi il peso rimane)così, come continuamente dici(ad anche qst è sintomo che di me nn hai capito un bip)io lavo la coscienza battendomi il petto, tu con qlc ricordo struggente della sottoscritta, e pace è fatta! Se anche esprimere un parere, diverso dal tuo, è visto come una presa di posizione CONTRO di te…….Uff!! Ho letto nel web una bella storia di Bruno Ferrero, che ben riporta qll che io intendo far capire da un pezzo e non ci riesco, la riporto chissà….come diceva Nino Manfredi: “Fusse che Fusse la vorta bbona??!”
LA RANA (B. FERRERO)
C’era una volta una rana che saltellava lieta tra fossi, risaie e fresche foglie di ninfea. Inseguendo un paio di ronzanti insetti volanti, arrivò balzo dopo balzo nell’aia di un cascinale. In ub angoli discreto e riparato, la rana curiosa scoprì un pentolone. Saltò sull’orlo e vide che era piena di acqua limpida e fresca.
“Una magnifica piscina tutta per me!” pensò.
Si tuffò con una elegante piroetta e, alternando tutti gli stili di nuoto in cui eccelleva, cominciò a sguazzare allegra e spensierata.
Ma una mano distratta accese il fuoco sotto la pentola. L’acqua si riscaldò pian piano. Presto diventò tiepida. La rana trovò la situazione piacevole: “Di bene in meglio! La piscina è riscaldata” e continuò a nuotare.
La temperatura cominciò a salire.
L’acqua era calda, un po’ più calda di quanto piacesse alla rana, ma per il momento non se ne preoccupava più di tanto, soprattutto perché il calore tendeva e stancarla e stordirla.
L’acqua ora era davvero calda. La rana cominciò a trovarla sgradevole, ma era talmente indebolita che sopportava, si sforzava di adattarsi e non fece nulla.
La temperatura dell’acqua continuò a salire progressivamente, senza bruschi cambiamenti, fino al momento in cui la rana finì per cuocere e morire senza mai essersi tirata fuori dalla pentola.
Immersa di colpo in una pentola d’acqua a cinquanta gradi, la stessa rana sarebbe schizzata fuori con un salutare salto da record olimpico.
Ciò di cui non ci si cura, ciò che viene lasciato all’abbandono deperisce, declina, si degrada, che si tratti di un corpo, di una relazione, di un giardino, dell’organizzazione sociale di un paese, ecc. Tutto richiede cura, vigilanza, sforzo. Abbruttita da un accesso di stimoli sensoriali, la nostra coscienza si addormenta; satura di informazioni inutili, la memoria si ottunde; privati di parametri, non abbiamo più punti di riferimento stabili; asfissiati dal materialismo e dal consumismo, i nostri ideali avvizziscono e muoiono. E senza accorgercene siamo cotti.
Alcune patologie impiegano anche dieci, venti o trent’anni a svilupparsi, il tempo che corpo e psiche impiegano a saturarsi di tossine, di tensioni, di blocchi, di non detti, di rimozioni.
Le omissioni, le incomprensioni e i rancori si accumulano senza che vi si presti attenzione, senza che se ne parli o che si cerchino delle soluzioni insieme. “Siate svegli e vigilate!” è l’ordine di Gesù nel Vangelo….
Svegliatevi! L’acqua sta diventando pericolosamente calda…
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